Archivio di settembre 2020

Krylov inaugura il Verdi di Trieste

mercoledì 30 settembre 2020

Come ogni buon critico ben sa il termine eccezionale va usato assai raramente, considerata poi l’abbondanza smisurata con la quale tale termine viene usato nella vita di tutti i giorni . Abbiamo potuto ascoltare il violinista russo Sergey Krylov con la pianista Stefania Mormone da parecchi anni in diversi concerti da camera alla milanese società dei concerti . Ciò che ci ha particolarmente stupiti nel concerto di domenica 27 settembre al Verdi di Trieste è stata l’ouverture fantasia Romeo e Giulietta del celebre Ciaikovski con la quale Krylov ha inaugurato il concerto nella duplice veste di direttore e violinista . L’orchestra del Verdi è apparsa così particolarmente incisiva nella sezione degli archi tesi in prontezza, stacco ed elasticità difficili da ascoltare. La più distesa classicità del celeberrimo concerto di Mendelssohn ha poi consentito a Krylov di confermare ancora una volta una linea interpretativa mai fine a se stessa ma sempre finalizzata a un romanticismo contenuto e mai esagerato. Nell’ouverture La Gazza ladra di Rossini, pur nella perfetta tenuta dell’insieme orchestrale avremmo forse preferito una linea meno enfatizzata nello stile primo Ottocento. Il programma si chiudeva strizzando l’occhio al virtuosismo  più acceso nell’esecuzione della celeberrima Campanella di Paganini con la quale Krylov sfogava invece il coté più brillante del suo violino. In seguito alle ripetute acclamazioni sono poi stati eseguiti ben due bis fra cui la mozartiana ouverture dalle Nozze di Figaro e poi quella di Mendelssohn da Sogno di una notte di mezz’estate. Numerose le ovazioni di pubblico per un concerto di grande livello, in cui ogni sezione dell’orchestra si è potuta distinguere.

La Traviata alla Fenice

martedì 29 settembre 2020

Non ce ne vorranno i registi d’opera se osiamo dire che un certo influsso benefico quest’epoca di Covid riesce pure ad averla : sembrerà strano ma ha permesso di alleggerire gli allestimenti troppo spesso invadenti fino al fastidio. Ecco quindi non solo più immediatezza e concentrazione sull’azione scenica ma anche la possibilità agli ascoltatori di concentrarsi maggiormente sull’aspetto musicale e vocale soprattutto. Ciononostante la regia di Christophe Gayral non mancava di una certa originalità, dando l’occasione alla protagonista di apparire già durante il preludio del primo atto nel letto d’ospedale che abbandonerà uscendo dalla scena sulle sue gambe . Questa continuità scenica pur non essendo una novità può dare adito a diverse interpretazioni. Il giovane direttore Stefano Ranzani di comprovata attività scaligera riusciva a conferire giusta drammaticità al capolavoro verdian . Il  giovanile cast vedeva nella protagonista Claudia Pavone una Violetta intensa e drammatica più a suo agio sul versante lirico drammatico che su quello coloratura. Anche se le agilità del “sempre libera” sono state eseguite con grande facilità, da considerare un brutto acuto ( peraltro non indispensabile) alla fine della cabaletta. Ottimi invece “Amami Alfredo ” e “Addio del passato”con giusto trasporto. Matteo Lippi è stato un Alfredo coinvolgente e intenso nel timbro e nelle intenzioni. Qualche mezzavoce in più e qualche filato lo renderebbero ancora più interessante. Alessandro Luongo ha dato di Germont una raffigurazione nobile e sentita non priva di elegante fraseggio. Buoni anche i comprimari. Il coro della Fenice ha saputo rendersi ben presente anche se confinato al di là di un odioso sipario. Trionfo finale con ovazioni per tutti al termine.

Roberto Devereux alla Fenice

giovedì 24 settembre 2020

Roberto Devereux fu creato per la Fenice dal maestro bergamasco nel 1837 per cadere poi nel dimenticatoio come purtroppo molti titoli donizettiani. Asso nella manica della Donizetti renaissance    fu cavallo di battaglia della grande Leyla Gencer che fece di Elisabetta la vera protagonista di questo capolavoro. Devereux vide poi una serie di grandi primedonne trionfare in questo ruolo sfaccettato e di impostazione belcantistica che permette una serie di linee interpretative di grande fascino fra cui quelle di Montserrat Caballè, Beverly Sills, Edita Gruberova, Raina Kabaiwanska  e ultima ma non ultima l’indimenticabile Mariella Devia. La nuova produzione veneziana a firma di Alfonso Antoniozzi ha molte frecce al suo arco. Antoniozzi che abbiamo seguito anche nella sua precedente carriera, quella del basso baritono buffo, ha impostato la sua regia in tempi di Covid su una recitazione decisa ma non esagerata, come tanti cantanti sarebbero naturalmente portati a fare. La direzione orchestrale di Riccardo Frizza giustamente teatrale, solo raramente imperiosa, ha sottolineato forse più il coté romantico di quello puramente belcantistico. Ottima la prova dell’orchestra e del coro della Fenice che hanno ben corrisposto alle richieste del direttore. Non all’altezza delle nostre aspettative invece l’Elisabetta di Roberta Mantegna che pur in possesso di timbro vellutato e fascinoso e di una vocalità che potrebbe essere definita da “drammatico di agilità”, è apparsa diverse volte non a suo agio nel settore acuto e nelle colorature in genere. Il fraseggio non curatissimo e una tavolozza di accenti piuttosto limitata non hanno poi permesso al soprano di scolpire un personaggio sfaccettato come quello della regina inglese. Enea Scala protagonista ha invece convinto non solo in una vocalità sicura virile e quasi mai sforzata ma anche in una presenza scenica adeguata al ruolo dell’amante sensuale. Sara era Lilly Jorstad che ben si è disimpegnata come amorosa. Alessandro Luongo si dimostrava poi un valido e sicuro Nottingham. Trionfo e ovazioni alla prima di martedi 15 settembre.

Il Verdi Di Trieste inaugura la stagione sinfonica 2020

sabato 19 settembre 2020

Quasi a smentire la nostra ultima recensione dei concertoni Netrebko Kaufmann a Lubiana ecco il concerto inaugurale al teatro Verdi di Trieste. Presentato domenica scorsa al Teatro Verdi di Trieste con  due fra i più grandi nomi della lirica internazionale che hanno allietato il caldo pomeriggio triestino. Probabilmente a causa delle cancellazioni dovute alla terribile fase Covid che stiamo vivendo a tutte le latitudini  Marcelo Alvarez e Maria Josè Siri si sono potuti presentare al Verdi in un concerto dal programma popolare che più popolare non si può. La cancellazione del maestro Ciampa ha consentito al  maestro Jordi Bernacer di condurre con grande professionalità nonostante le poche prove. L’ Ouverture dei Vespri Siciliani è stata eseguita con giusto slancio verdiano. La famosa aria tenorile “E’ la solita storia del pastore” , veniva invece affrontata con troppo impeto da Alvarez mettendo in risalto non solo lo splendido timbro ma anche alcune forzature nell’emissione. Il soprano Siri apriva invece con una coinvolgente interpretazione di “Pace, pace mio Dio” dove poteva ben evidenziare la sicura vocalità e la facilità di esecuzione della temibile aria. Buona la prova del coro del Verdi in “O signore dal tetto natio” mentre la meno eseguita “O souverain, o juge, o père dal Cid di Massenet  permetteva ad Alvarez di esprimersi con agio nella tessitura drammatica della romanza. Toccante è stata poi l’interpretazione della Siri in “La mamma morta ” dagli accenti sentiti pur senza esagerazioni veriste come pure nel celebre ” Vissi d’arte”. Non poteva mancare ” Nessun dorma “eseguito discretamente da Alvarez. Emozionante anche l’esecuzione del coro nel celebrerrimo ” Va pensiero”. Convincente anche l’Intermezzo della pucciniana Manon Lescaut . Il concerto si concludeva degnamente con il duetto ” Mario ! Mario! Mario” dalla Tosca. Visto il successone il pubblico si sarebbe aspettato qualche bis in più al di là del verdiano “Libiamo, libiamo…..

Kaufmann Netrebko Eyvazov a Lubiana

venerdì 11 settembre 2020

Che il festival di Lubiana fosse una grande realtà europea nessuno lo poteva mettere in dubbio già da anni . Che riuscisse ad infilare due perle quali Netrebko e Kaufmann nel giro di pochi giorn,i è però una realtà da far invidia a festival ben più popolari ed antichi come ad esempio quello di Salisburgo. Contrastando le stupide mode intellettualistiche della solita parte politica imperante ormai in Italia da troppi anni, che non vedono di buon occhio concerti incentrati su famose arie operistiche ma preferiscono evitarli, Lubiana ha presentato la coppia Anna Netrebko Yusif Eyvazof con l’Orchestra Filarmonica Sloven diretta da Michelangelo Mazza in un concerto prevalentemente verdiano. La signora Netrebko si presentava iniziando in forma smagliante  con “Tu che le vanità”, una fra le più temibili arie del repertorio verdiano, mentre Eyvazov con la grande scena di Alvaro dalla Forza del destino. Ma la più eccezionale interpretazione della grande scena di Rusalka rivelava sfumature e colori nella  pagina di Dvorak  assai difficili da sentire da altre interpreti. La coppia si è anche cimentata in pagine non più così popolari come un tempo come ad esempio” Non ti scordar di me” di Curtis. Il grande duetto dalla Butterfly ha concluso poi il concertone che inizialmente funestato da un temporale è terminato poi nel migliore dei modi con diversi bis. Il tenore Eyvazov non particolarmente amato dai loggionisti scaligeri solo per il fatto di essere marito di Anna Netrebko è apparso assai migliorato e confermato nella tecnica e nella dizione oltre che nell’impostazione vocale. Volendo parlare di Anna Netrebko bisogna solo far attenzione a non esagerare nelle lodi. In lei la facilità dell’emissione nel canto si completa con una tecnica che le permette di terminare un concerto dando l’ impressione di poter ricominciare un altro senza alcuno sforzo. Cosa possiamo dire di Jonas Kaufmann che non sia stato ancora detto? Il concerto dell’ottima Orchestra sinfonica Slovena diretta da Jochen Rieder il 26 agosto ha affrontato un programma particolarmente impegnativo, incentrato nel repertorio italiano e francese. Il grande tenore bavarese ha dimostrato così ancora una volta non solo la sua versatilità ma anche l’appropriatezza dello stile interpretativo pèrfettamente calzante sia nel verismo italiano come in quello francese. Morbidezza dell’emissione e pulizia dalle incrostazioni e dagli accenti veristi permettono al tenore drammatico di far risplendere la linea musicale più intatta e pura senza alcun appesantimento. In particolare abbiamo apprezzato la prorompente drammaticità della romanza di Turiddu o della romanza del fiore dalla Carmen di Bizet. Ma è stata l’impegnativa “O souverain ” da le Cid di Massenet che ha permesso a Kaufmann di dipanare forse la più spettacolare ed intensa delle sue interpretazioni. L’ acclamazione finale ha consentito a Kaufmann non solo di esibirsi in diversi bis fra cui “E lucean le stelle” ” due pezzi di Franz Léhar fra cui “Dein ist mein henzes Herz” e ancora  “Non ti scordar di me”, “Core n, grato”e ancora Nessun dorma. Unica osservazione finale : perchè niente Wagner ?