Dorilla al Malibran
giovedì 9 maggio 2019Non finiremo mai di lodare il Teatro La Fenice per la sua continua ricerca e riscoperta di opere antiche e desuete . Dorilla in Tempe di Antonio Vivaldi rappresentata la scorsa settimana al Teatro Malibran è indubbiamente fra le più interessanti . Melodramma eroico pastorale in tre atti, andato in scena nel 1734 a Venezia è indubbiamente una vera chicca come solo il “prete rosso” sapeva comporre. Sembra essere stato un pastiche di diversi compositori dell’epoca più o meno di fama ma il risultato finale è ciò che conta e fa piacere alle nostre orecchie, quanto di più gradevole si possa oggi desiderare . Nel golfo mistico troviamo un esperto direttore come Diego Fasolis che riesce non solo a mantenere la tensione drammatica durante il corso di tutta la partitura, ma anche ad alleggerire un’orchestra non specializzata nel barocco facendola risultare perfettamente adeguata a rispettare le esigenze dei cantanti. Per quanto ci riguarda pensiamo che visto il genere pastorale dell’opera sarebbe stato più gradito anche qualche pezzo danzato in più;rispetto a quelli eseguiti al teatro Malibran dai ballerini della Fattoria Vittadini. Anche il coro del teatro ha saputo ben calibrare i propri interventi allo stile vivaldiano. Altro appunto che vorremmo avanzare a questo allestimento è l’assenza più totale dei controtenori in genere così validi e ben utilizzati nelle scene internazionali. Non che il cast non fosse all’altezza delle impegnative tessiture ma appariva spesso una qual certa sensazione di scolasticità che non solo privava di tensione drammatica ma conferiva anche monotonia all’insieme . In particolare Manuela Custer nel ruolo protagonistico veniva ben affiancata dall’Elmiro di Lucia Cirillo. Anche il Nomio di Veronique Valdés ben si disimpegnava . Rosa Bove era un Discreto Filindo all’altezza dell’Eudamia di Valeria Girardello . Note non positive invece per il non sempre intonatissimo Michele Patti come Admeto, il solo timbro maschile qui ascoltato. L’allestimento scenico di Fabio Ceresa sul libretto di Antonio Maria Lucchini non appariva qui disturbare la complessa azione scenica basata su una trama piuttosto intricata e poco attuale. Lo stesso Ceresa sembrava non crederci troppo, inserendo alcune mascherine del tipo verde ospedaliero in aperto contrasto con i restanti personaggi perfettamente pastorali. Anche il tono spesso caricaturale di certe situazioni non sempre era calzante con quello musicale. Bel successo di pubblico in una sala gremita alla recita del 5 maggio alla quale abbiamo assistito.