Vespri al Regio di Torino

Le celebrazioni per il centocinquantesimo dell’Unità d’Italia hanno visto a Torino il proprio apogeo con quella che è ritenuta forse l’opera più patriottica di Giuseppe Verdi,I Vespri Siciliani. In realtà i moti siciliani del 1282 con i quali si scacciavano i francesi da Palermo non hanno radici storiche così precise come il libretto di Scribe vuol far risultare. Al Regio di Torino la messinscena è firmata dal torinese Davide Livermore che a dispetto del cognome è italianissimo. Si è portata in scena la realtà siciliana di qualche anno fa ai tempi di Falcone e Borsellino. La realtà di un paese è influenzata dai media dove lo spettacolo diventa fondamentale, dove i politici sono dichiaratamente venduti alla malavita e presenziano con grande pompa ai funerali dei due giudici. Al di là del convincimento e dell’operazione politica di Livermore, che può essere più o meno condivisibile rimane il fatto che la sua regia è convincente e soprattutto racconta l’azione per la verità affatto semplice anche allo spettatore meno preparato a seguire le intricate trame operistiche. Certo difficile pensarla in altre situazioni o ripresentata in altri luoghi o in altri momenti. Visti la crisi finanziaria attuale poi non sarebbe stato meglio concepire qualcosa di più riciclabile o esportabile all’estero? O forse il clichet di un Italia fortemente piegata alla mafia è comunque un prodotto molto vendibile?.In tutti i casi bisogna riconoscere che il capolavoro resiste perfettamente anche a questo tipo di forzature. Vero punto di forza era comunque la direzione di Gianandrea Noseda che al di là di un’ouverture un po’ troppo”bandistica” ,sapeva sottolineare con attento fraseggio parti liriche e vivaci. Faceva risultare così sia l’aspetto più intimamente classico della partitura come pure gli slanci che preludono la nuova stagione verdiana. Gregory Kunde non cessava di stupire passando da rossiniano doc come abbiamo sempre riconosciuto ad una vocalità perigliosissima che ha fatto cadere tenori come Chris Merritt ancora all’apice della forma . Fraseggio eroico e teneri accenti lirici si sono alternati agli acuti più spavaldi. Al suo fianco Maria Agresta sosteneva la parte di Elena con professionalità dando il meglio di sé negli aspetti lirici dell’impervia tessitura. Soprano lirico e non drammatico d’agilità quale richiederebbe il celebre bolero “Mercè dilette amiche “, ha comunque convinto per ruolo e profondità d’accenti.Prova alterna è stata invece quella del Monforte di Franco Vassallo che pur dotato di mezzi vocali ragguardevoli non ha esitato a ricorrere a suoni non sempre corretti ed ortodossi, fatta eccezione l’aria “In braccio alle novizie” cantata con perizia tecnica ed interpretativa. Ildar Abdrazakov è stato il vero principe di una serata di raro livello artistico vocale. Timbro armonioso emissione sempre morbida e sorvegliata e linea di canto autenticamente verdiana. Un Procida da antologia in grado di sfidare tutti i contemporanei e di essere paragonato ai grandi del passato. Abbiamo assistito alla recita del 20 marzo accolta da trionfale successo.