Walkure tecnologica inaugura la Scala
venerdì 21 gennaio 2011Affrontare Die Walkure è per un teatro d’opera un po’ come mettere in scena un grande capolavoro letterario. Non è un mistero per gli appassionati che le indicazioni sceniche fornite da Richard Wagner sono fra le più dettagliate e precise mai composte. Essendo oggi il motore propulsore di ogni produzione l’impostazione registica, è consequenziale che il mondo di nani, di elfi, di dei, di supereroi pensato da Wagner venga naturalmente interpretato nei modi più svariati. Certa parte della critica più o meno togata é sempre pronta a fare riferimento alle proprie convinzioni più o meno radicate. Ne deriva la scarsa considerazione tributata allo spettacolo inaugurale della stagione 2010 2011 della Scala, che ha affidato a Guy Cassiers il compito di svolgere forse la più popolare delle quattro giornate della tetralogia. L’approccio del regista tedesco è stato quindi improntato da un gusto assai moderno. Ha sfruttato perfettamente le attuali tecnologie multi mediatiche. Sempre nell’ottica di una pura funzionalità non ha mai dato l’impressione che tali tecnologie fossero fine a loro stesse. Ad iniziare dalla prima scena la fusione fra le immagini proiettate e quelle reali appariva credibilissima anzi suggestiva. La scena seconda del secondo atto con la stilizzazione della selva così significativa nella sua semplicità lasciava poi spazio alla grande scena finale del terzo atto. In questa l’armonia fra l’azione scenica e quella proiettata sullo schermo e le azioni coreografate al di là di esso apparivano ottimali come raramente ci è stato dato di vedere. Anche l’esibizione “in sospensione “ dei bravi ballerini acrobati si integrava perfettamente con il resto della scena. Non adeguati e piuttosto goffi ci sono sembrati invece i costumi di Tim Van Steenbergen. Sul piano musicale Daniel Barenboim ha oggi in Wagner pochi rivali al mondo. L’unicità e la personalità della sua impronta avvicinano oggi l’orchestra della Scala a quella “pastosità” di suono che è l’obiettivo principale di ogni esecuzione. Non vi erano tracce di quella roboante sonorità vecchio stile e di quella ossessione ritmica che un tempo venivano confuse con la tradizione wagneriana del Ring. Il cast era decisamente di ottimo livello se non fosse stato per l’esile Siegmund di Simon O’Neill. Waltraud Meier è ormai una veterana del ruolo di Sieglinde e ne ha ancora tutta l’autorevolezza. Pure la Brunhilde di Nina Stemme è stata assai convincente Considerevole anche l’Hunding di John Tomlinson.La Fricka di Ekaterina Gubanova ha avuto registri centrali di rara pienezza. Il Wotan di Vitalj Kowaljow si distingueva poi per personalità. Pulizia essenzialità ma anche rotondità e pienezza degni di un’orchestra di grande tradizione wagneriana per un grande successo finale.