Archivio di maggio 2018

Italiana in Algeri al Verdi di Trieste

giovedì 31 maggio 2018

Con la rossiniana Italiana in Algeri il teatro Verdi di Trieste ha ancora una volta vinto una sfida. Banco di prova un pò per tutti coloro che vi si cimentano. In primis con la brillante direzione di Georges Petrou che ha saputo sfoderare fino dall’ouverture le migliori caratteristiche dell’orchestra triestina in termini di compattezza ma anche di abbandono elegiaco come pure di sfumature e legati. Raramente ci è stato dato di ascoltare a Trieste e soprattutto un direttore giovane ancora non così conosciuto come meriterebbe, anche se in possesso di un curriculum discografico di tutto rispetto. La regia di Stefano Vizioli si è mantenuta su un’ opportuna aurea mediocritas, nel senso che pur non volendo restare nella vetusta tradizione ha saputo rinnovare con variopinte scene di ispirazione pop. Si è dimostrato così come con l’aiuto di brillanti scene e costumi la prorompente energia comica rossiniana non necessita di cadute di gusto quali quelle viste in tanti allestimenti pieni di eccessive gags. Detto questo il cast vocale aveva al suo arco una protagonista di tutto rilievo quale Chiara Amarù, un’Isabella dalla voce pastosa ricca, dall’emissione sempre morbida mai sforzata e dalla delicatezza e garbo belcantisticamente rossiniani. Ha avuto un successo personale Antonino Siragusa nella parte di Lindoro, meritatissimo ed è stato sulla sua vocalità arrogante e spericolata comme il faut, che si basava molto del successo dello spettacolo . Ancora una volta a dimostrazione dell’inutilità di certe regie parossisitiche. Sono i personaggi stessi che creano la comicità spesso e volentieri. Nicola Ulivieri come Mustafà convinceva per aplomb e stile ma gli mancava forse un filo di spessore vocale. Al Taddeo di Niccolò Ceriani non mancava né qualità né disinvoltura scenica. Buoni anche gli altri del cast. Gran successo alla prima.

Il mondo della luna al Malibran

lunedì 28 maggio 2018

Il teatro alla Fenice è da sempre culla di chicche più o meno pregevoli. Il regno della luna di Niccolò Piccinni non è infatti un titolo noto neppure agli appassionati di rarità quali possiamo essere noi critici o melomani . Il fatto di rappresentarli al Malibran e di rivolgersi in particolare ai giovanissimi quali i ragazzi delle scuole superiori è senza dubbio una sfida vinta. In un teatro tutto esaurito con inizio alle 11 di mattina abbiamo potuto infatti constatare l’assoluto interesse con cui i ragazzi hanno assistito a uno spettacolo per la verità non ricco di musica neppure densa di melodie orecchiabili ma piuttosto di recitativi. Ben lontana dal mondo della luna di goldoniana memoria quella di Piccinni, che risale al 1770 , nell’edizione rappresentata negli scorsi giorni al veneziano Malibran. Sotto la direzione di Giovanni Battista Rigon l’opera appariva infatti un po’ svuotata di arie e sbilanciata in favore dell’azione scenica peraltro abbastanza piacevole nella conduzione registica di Davide Garattini Raimondi. L’ambientazione anni 70 risultava per una volta perfettamente calzante e affatto fastidiosa. Se anche la gestualità dei giovani cantanti fosse stata un po’ più originale e meno scontata il gioco scenico sarebbe stato più appassionante. L’Orchestra barocca del Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia nulla aveva da invidiare a certe orchestre di teatri lirici. La direzione di Rigon appariva più che discreta per una prima rappresentazione in tempi moderni dove non ci possono essere troppi punti di riferimento interpretativi. Nel cast si distingueva l’agile vocalità di Dahee Min nella parte di Astolfina . Ottimo successo di pubblico nella recita del 18 maggio.

Orlando di Vivaldi al Malibran

mercoledì 2 maggio 2018

Non paghi dell’Orlando gustato quest’estate a Martina Franca nell’ambito del festival della Valle d’Itria , ci siamo recati il 21aprile scorso al Malibran di Venezia ad assaporare l’ultima recita di questo capolavoro vivaldiano che la Fenice ha allestito in collaborazione con il festival pugliese. Dobbiamo dire che seppure ogni spettacolo d’opera vive in ogni spazio diverso in maniera autonoma le osservazioni di base rimangono più o meno quelle rilevate nel luglio scorso per cui rimandiamo il lettore . In primis è risultata ancora più centrale e convincente l’interpretazione orchestrale di Diego Fasolis e dei Barocchisti che racchiusi nel contenuto ma acusticamente perfetto spazio del Malibran permetteva all’orecchio di soffermarsi su tutte quelle dinamiche sfumate e quei colori che all’aperto possono sfuggire. In particolare nel caso della protagonista Sonia Prina dalla sicurezza e dal fascino interpretativo indiscutibile. Il contralto riusciva a fare dell’innegabile usura vocale un motivo di fascino interpretativo personale. Carlo Vistoli come Ruggiero aveva dalla sua probabilmente uno fra i momenti più toccanti dell’intero spettacolo quello con il flauto traverso obbligato . il Medoro del controtenore Raffaele Pe non risultava sempre perfettamente a fuoco nell’emissione e nell’intonazione. Angelica era una convincente Francesca Aspromonte. Forse un po’ piu decisa che a Martina la Alcina di Lucia Cirillo. Bradamante era una leggiadra Loriana Castellano. Ovazioni finali per tutti compreso il coro della Fenice.