Zauberflute a Padova

Se il singspiel mozartiano Flauto Magico non fa certo parte della tradizione operistica dei nostri nonni , sono ormai molteplici gli allestimenti apparsi in questi ultimi anni sulle scene italiane più o meno prestigiose. La produzione in scena a Padova al teatro Verdi pur senza pretese di straordinaria imperdibilità aveva la sua ragion d’essere. La regia di Federico Bertolani che si avvaleva delle semplici scene di Giulio Magnetto e dei costumi di Manuel  Pedretti si basava su un adattamento moderno ma non fastidioso del capolavoro mozartiano. Se infatti vi è un libretto al di fuori del tempo che si lascia facilmente estrapolare è proprio quello di Emanuel Shikaneder. In più pur essendo la maggior parte dei ruoli vocalmente temibili hanno la caratteristica di poter essere quasi sempre affidati a cantanti giovani. Come si sa la tematica dei buoni contro i cattivi è alla base di ogni fiaba e qui Bertolani schiera in una moderna città metropolitana da una parte poliziotti, dall’altra bande di alternativi più o meno punk. Del resto già la dicitura originale del personaggio della Regina della Notte sembra fatta apposta per scatenare la fantasia di un moderno regista. Il singspiel mozartiano, nonostante l’altezza dell’ispirazione e della costruzione musicale che sfiora il sublime dall’inizio alla fine, riesce a coinvolgere anche i bambini presenti in sala. Nel caso della replica di domenica scorsa si sono dimostrati molto più educati ed attenti di molti adulti evidentemente ben poco adusi ad assistere ad uno spettacolo lirico (non più di tre ore intervallo compreso). Non trascurabile era infatti la cura nelle parti recitate che ben descrivevano l’azione. Il giovane ma esperto direttore Giuliano Betta al di là di un certo qual volume orchestrale un po’ soprastante ben conduceva Orchestra di Padova e del Veneto con il coro Lirico Veneto non molto soddisfacente. Regina della Notte era Christina Poulitsi non più che sufficiente vocalmente e assai poco interpretativamente. Assai più interessante Ekaterina Sadovnikova alias Pamina. Tamino era un discreto Fabrizio Paesano chiamato a  sostituire il previsto Paolo Fanale. Wihelm Schwinghammer era un Sarasto piuttosto alterno nella resa come pure il Papageno di Johen Chest in possesso però di un bel timbro. Sala esaurita e buon successo di pubblico.