Samson al Regio di Torino
Se esiste un ‘opera sensuale questa è Samson et Dalila di Camille Saint-Saens. Preoccupante l’intestazione del libretto che titola invece Sansone e Dalila in italiano! Preludio a un ritorno alle traduzioni italiane ? Speriamo proprio di no soprattutto da parte del torinese Teatro Regio che della lingua francese dovrebbe essere l’alfiere in Italia .Tantopiù che il libretto di Ferdinand Lemaitre non solo è più che pregevole, ma costituisce una vera eccezione rispetto a tanti testi di poco pregio anche nel repertorio francese. Il nuovo allestimento firmato da Hugo de Ana in collaborazione con il China National Centre for the Performing Arts deve evidentemente fare iconti con i tempi e con i gusti degli sponsor. L’ampia descrittività che caratterizza ogni produzione del grande regista argentino è sempre presente, anche se qui non vi sono quelle grandi macchine semoventi che avevamo precedentemente ammirato. Persino la qualità dei tessuti dei costumi non sono sembrate all’altezza della situazione che dovrebbe rappresentare il massimo sfarzo della corte dei filistei. Rimane comunque un allestimento imponente e non privo di certe atmosfere influenzate da influsso e gusto cinese hanno. Le coreografie di Leda Lojodice ben esprimono le cupe ma insieme sensuali e spesso anche inquietanti sensazioni di Saint- Saens. Da sottolineare in primis l’ottima direzione di Pinchas Steinberg alla quale dobbiamo ricondurre l’effettivo successo della produzione . La direzione coesa attenta nei numerosi momenti di insieme sapeva sostenere i cantanti come la Barcellona spesso in difficoltà, lasciando le voci in primo piano senza affossarle con la grande orchestra prevista dall’autore. Grande varietà di colori in una tavolozza densa di ansia e ineluttabilità. Il direttore riesce a conferire all’orchestra anche il grande fascino di arie come “Mon coeur s’ouvre à ta voix”, che purtroppo la corretta Barcellona non riesce a rendere dal punto di vista interpretativo, ma puramente vocale. Manca infatti la ricchezza e la pastosità del medium . Diverso il discorso per Gregory Kunde che ogni volta che abbiamo il piacere di ascoltare in un ruolo nuovo dobbiamo ammettere superare se stesso: recitativi, arie, acuti messe di voce smorzati, ricchezza di timbro fanno pensare a un Samson ideale come non se ne ascoltava da tempo . La corposità del registro centrale e la drammaticità del colore quasi baritonale fanno pensare ai grandi del passato mentre l’intatto squillo tenorile riporta l’ascoltatore al grande tenore rossiniano di brillantissima carriera. Claudio Sgura nella parte di Dagon ha dato un ottima prova vocale e interpretativa. Ottima la risposta del pubblico in una sala esaurita.