Roméo in discoteca
Il grande pubblico conosce Charles Gounod come autore del Faust piuttosto che di Roméo et Juliette, opera in altri periodi molto più frequentata di quanto sia oggi. In periodi come quelli attuali di riscoperta del barocco piuttosto che del pieno romanticismo francese che anticipa per certi aspetti in realtà il verismo. Ma è questo un argomento che preferiamo non sviscerare in quanto ci porterebbe ben lontano enon è nostra intenzione farlo anche se sarebbe interessante. Ci accontenteremo di raccontarvi come il Teatro Verdi di Trieste si sta sempre più spingendo con questa regia di Damiano Michieletto verso un territorio registico contemporaneo piuttosto inconsueto a Trieste fino a poco tempo fa. La risposta del pubblico non si è fatta attendere e alla fine dello spettacolo le contestazioni sono giunte puntuali presumibilmente dalle “vestali” della conservazione di una tradizione spesso obsoleta. Michieletto non è certo un regista nel solco della ovvietà e la sua rossiniana Gazza Ladra andata in scena sia a Pesaro come al Comunale di bologna aveva ricevuto anche l’ambito premio Abbiati per la regia. Ma evidentemente la trasposizione in epoca moderna e più precisamente all’interno di una contemporanea discoteca con tanto di bande giovanili sembrava troppo azzardata. Non ci vorrà troppo sforzo infatti per passare dalle antiche rivalità fra coppie di giovinastri quali le bande dei Capuleti e Montecchi e una banda di writers o di punk metropolitani o di metallari o quant’altro?In particolare l’ambientazione sul piatto di un giradischi per vinili ormai utilizzato elusivamente dai dj non poteva essere più azzeccata . Così convincenti erano pure i movimenti scenici dei coristi abitualmente e notoriamente assai difficili da far muovere con disinvoltura non solo al Verdi triestino ma un po’in tutti i teatri. Molteplici sono state poi le idee quali la scena del balcone con Giulietta a cavalcioni del braccio del giradischi o tutta la scena finale in cui le cuffie acustiche diventano il letto di morte dei due infelici amanti e poi la loro tomba o meglio la tomba del loro amore. Il tutto corredato da un’efficace e moderna recitazione sempre dinamica e priva di stereotipi da vecchia scuola . La direzione di Julian Kovatchev, pur calzante con la visione scenica per dinamismo e concisione non dispiegava quella tavolozza di nuances e fraseggio che altre volte abbiamo assaporato. In particolare il coro non si distingueva nella dizione dell’originale francese anche se conferiva i giusti accenti. Antonino Siragusa dava di Romeo un tenorismo istintivo e sentito mancando talvolta di consistenza e morbidezza nel medium della voce ma squillando sempre negli acuti. Silvia Dalla Benetta sa cantare discretamente in ogni zona della tessitura centrale di Juliette pur non sfavillando nella zona acuta. Interpreta con sentimento e padronanza la sua Giulietta più lirica che leggera. Anche le parti non principali erano sostenute con professionalità. I sopratitoli nella versione italiana non apparivano calzanti con l’edizione originale francese. Grande successo per tutti tranne che per la parte scenica.