Orlando Furioso a Nizza
Sempre stato meta di appassionati internazionali fin dagli anni settanta, il piccolo ma elegante teatro che si affaccia su una fra le più famose e più invidiate baie dell’intero mediterraneo, è l’Opéra di Nizza. Ebbene dicevamo fin dai tempi d’oro di Montserrat Caballè, il grande soprano preparava qui suoi futuri cavalli di battaglia che rimangono ancor oggi esempi di interpretazione quando non assolute chicche vocali. Sarà forse per questo che si è deciso di ospitare il grande Antonio Vivaldi pur essendo compositore fra i più famosi in campo internazionale non vive ancora la celebrità meritata . Fra le poche iniziative discografiche degne di nota degli ultimi anni l’edizione integrale delle composizioni vivaldiane porta la firma della Naive che sta realizzando non solo le opere ma tutte le composizioni del famoso prete rosso. Indubbiamente Orlando Furioso si trova a concorrere con il più celebre Orlando handeliano anche se quello vivaldiano ha avuto la propria massima realizzazione nella celebre messa in scena di Pier Luigi Pizzi all’Opera di San Francisco con Marilyn Horne protagonista . Altri tempi diranno i nostalgici, ma” ça va sans dire”, di Horne ne nasce una ogni cento anni se va bene…Pierre Audi firmava la coproduzione fra il Théatre des Champs- Elysées e le Opéra di Nancy e di Nizza. Il famoso regista ha scelto di rappresentare l’amore di Angelica e Medoro non sull’isola di Alcina ma all’interno di un palazzo settecentesco con mobili particolarmente importanti in stile Luigi XV. Meravigliosi costumi facevano sembrare le nostre protagoniste uscite da un film di Ivory se non fosse stato per i colori assai spenti in bianco e nero per accentuare l’aspetto fanée. Unico momento di luce all’interno dell’opera era l’ incanto della scoperta dell’isola di Alcina da parte di Medoro. La tensione registica cresceva con la pazzia di Orlando che con Marie Nicole Lemieux diventava un vero cammeo interpretativo. Da lì in avanti anche l’aspetto vocale si andavano definendo sempre più interessante che nella prima parte dell’opera dove le difficoltà vocali impedivano alle interpreti di brillare. Il vero agio vocale lo si cominciava a definire con il Ruggiero di Max Emanuel Cencic che si sarebbe voluto ascoltare in una parte più ricca di agilità e virtuosismi vocali. Si diceva della Lemieux che ritagliava su di sé una vocalità costruita su un mezzo vocale assai più che usurato. Eseguita così la parte sembrava avere più che altro accenti veristi, rendendo più che un eroe classico un personaggio attuale ma senza fascino vocale nobiltà di fraseggio e distacco coturnato. Jennifer Larmore non brillava più per nettezza e precisione ma ci consegnava un’Alcina di classe e ammaliatrice come da copione. L’Angelica di Veronica Cangemi è sembrata non proprio azzeccata sul piano della tessitura poco adeguata alla sua vocalità. Discreta la Kristina Hammarstrom come Bradamante e pure il Medoro di Paula Murrihy. Più che buono l’Astolfo di Christian Senn. La direzione di Jean Christophe Spinosi raffinata e stilisticamente appropriata con l’Ensemble Mattheus .Grande successo di pubblico alla recita del 3 aprile cui abbiamo assistito.