Mefistofele alla Fenice
Mefistofele non è certo attualmente fra le opere da noi più rappresentate anche se rientra nella grande tradizione dell’opera italiana. Difficile sostenere che trattasi di musica sopraffina anche se non pochi sono i sostenitori del verismo. Mefistofele ha goduto in passato di una certa popolarità.Vero manifesto di una vocalità decisamente verista non può neppure lontanamente essere paragonato al Faust di Gounod. Dobbiamo pero’riconoscere che quando si avvantaggia di un allestimento come quello andato in scena a Venezia il successo non tarda a manifestarsi. Non e’infatti un mistero che le cadute di gusto in un argomento come quello del sogno di un vecchio medico di consegnare la propria anima al diavolo in cambio del poter godere di tutti i privilegi consentiti a un giovane affascinante e seducente hanno dato troppe volte risultati di dubbio gusto. Per fortuna nella versione di Moshe e Leiser non poche sono state le buone idee registiche anche se mancava un vero e proprio filo conduttore a legare le diverse scene. Anche le trovate registiche quali la doccia iniziale del protagonista non risultava superflua piu’ di tanto per merito anche delle qualità attoriali del soggetto. La direzione di Nicola Luisotti appariva ben calzante alla fragorose sonorità delle partitura di Arrigo Boito che cercava di bilanciare orchestra e voci in una scrittura orchestrale piuttosto penalizzante nei confronti dei solisti. Piero Pretti nella parte di Faust appariva più’ a suo agio nella seconda parte che nella prima pur se non in possesso di un timbro piacevolissimo si destreggiava anche nel settore acuto. Maria Agresta come Margherita spadroneggiava invece con eleganza in una parte assolutamente centrale e impegnativa.Grande successo alla recita da noi recensita.