Manon Lescaut inaugura il Verdi di Trieste

Manon Lescaut di Puccini non è fra le opere più popolari del cigno di Torre del Lago ormai da molto tempo. Secondo noi è forse invece il capolavoro del maestro toscano. Egli non cede qui agli eccessi veristi di Tosca anche se scuote a dovere gli spettatori con un argomento scabroso. Inoltre non sempre a ragione spiazza la meravigliosa Manon di Massenet e con accenti e colori più forti ma sempre autenticamente romantici nel senso italiano del termine. Il teatro triestino non è tradizionalmente aperto a regie particolarmente moderne ed innovative, qui però il regista Guy Montavon interviene spesso e volentieri sulla drammaturgia abbastanza pesantemente senza preoccuparsi troppo di essere fedele alle intenzioni dell’autore. Va da sè che un vero librettista nel dramma musicato da Puccini in realtà non c’è perchè sappiamo essere un lavoro in collaborazione fra diversi librettisti. Non ci sembra comunque questa una buona ragione per modificare azione e personaggi ripetutamente.  In verità l’unica vera scena che ci sembra essere riuscita nella sua originalità è quella finale dove Manon e des Grieux appaiono separati perchè già divisi da una grande vetrata che li allontana ancor prima della morte di Manon. Questo non potersi toccare e stringere e abbracciarsi é apparso significativo. Ingiustificabile comunque il non presentarsi al proscenio al termine dello spettacolo da parte di tutti gli autori della parte scenica….per quale motivo ? da quando in qua? Ricordiamo che noi abbiamo assistito alla recita di sabato che a causa dello sciopero è stata la vera e propria prima rappresentazione dello spettacolo anche se non si è trattato di serata di “gala”…..Ottime note invece per gli interpreti fra cui svettava la rigorosa e pulita vocalità di Roberto Aronica sempre lontano da accentacci veristi e cadute di stile. Lana Kos era una Manon dalla vocalità sicura e senza cedimenti credibile anche scenicamente. Mancava quel gusto della parola, del recitar cantando difficile da trovare in una protagonista non di madre lingua. Fernando Cisneros come Lescaut non ha mancato di dare soddisfaziione sia vocale ches cenica in un ruolo non certo scondario.la direzione della maestra Gianna Fratta ha convinto per tenuta degli insiemi, pulizia, eleganza anche se come dicevamo per quanto riguarda la Kos mancava quella cura del significato della parola e dell’accento che certe grandi cantanti del passato ci hanno lasciato.Grandi applausi finali per tutto il cast orchestra e coro compresi.