Macbeth alla Fenice
Macbeth è indubbiamente uno fra i titoli più invoglianti per i registi e la Fenice ha scelto di inaugurare la stagione 2019 con questo capolavoro verdiano . Damiano Michieletto alla sua nona regia nel massimo teatro veneziano non solo non delude le aspettative ma supera se stesso, con un allestimento destinato a dividere il pubblico. Dimostra anche, se ce ne fosse stato bisogno ancora una volta, che per fare del grande teatro non sono necessarie scene faraoniche o allestimenti ultracostosi, ma basta un bravo regista. Il bravo regista non solo riesce a fare il gran teatro con i fichi secchi come si faceva negli anni cinquanta , ma anche fa recitare solisti e masse come abbiamo potuto apprezzare in questa occasione . Il bravo regista sa rinnovarsi sempre e riesce a non essere mai prevedibile, come troppo spesso capita. In più la lettura psicanalitica del dramma scespiriano operata dal regista viene trasmessa con una forza comunicativa diretta e sicura come raramente ci è stato dato di vedere. In pratica ci troviamo spesso davanti a un lavoro da manuale come nell’uso accuratissimo delle luci o dei colori come quello del sangue dei morti spettralmente bianco, o dei materiali come il cellophane che si stringe per uccidere e avvolgere i morti. Anche le scene che spesso mastodontiche intralciano l’introspezione psicologica, qui sono totalmente assenti e mettono l’accento sugli eleganti costumi moderni di Carla Teti. Unica nota negativa la totale mancanza delle danze non solo per lo splendore delle musiche verdiane, ma anche perché ci saremmo aspettati da Michieletto una personale interpretazione delle stesse. La direzione di Myung-Whun Chung si può accostare a quella dei grandi direttori che hanno affrontato la parte in passato. Slancio autenticamente verdiano rifiniture accuratissime , solo talvolta eccesso nei volumi ma l’acustica ricchissima della sala gioca questi scherzi. Protagonista era Luca Salsi un baritono con mezzi vocali superiori alla media, ottima tecnica ma talvolta eccessivamente prorompente e compiaciuto delle sue capacità . Vittoria Yeo è stata una splendida Lady per presenza scenica e intensità interpretativa. Pur non essendo un vero drammatico come la parte richiederebbe, ha ottenuto con lo scavo del fraseggio una grande immedesimazione. Ottimi anche il Banco di Simon Lim e il Macduff di Stefano Secco. Notevoli pure le prove del coro e dell’orchestra della Fenice in uno spettacolo giustamente applauditissimo.