Lucia o Edgardo di Ravenswood alla Scala?
Mettere in scena il capolavoro donizettiano Lucia di Lammermoor, era fino a qualche anno fa impresa non fra le più impossibili. Considerata infatti anche la tenuta drammaturgica sostanziale del libretto di Salvatore Cammarano tratto dal celebre romanzo storico di Walter Scott. Non era difficile dopo tutto non solo nei grandi teatri ma anche in provincia, realizzare un cast degno per questo titolo basato fondamentalmente sul belcanto italiano. Oggi evidentemente la situazione è profondamente cambiata, considerato il risultato artistico da noi constatato nella seconda replica andata in scena alla Scala con un certo successo venerdi scorso. La regia di Mary Zimmerman del Met di New York non appariva fastidiosa, se non fosse stato per qualche tocco che voleva essere personale e innovativo senza riuscirci (ad esempio la presenza di un fotografo a immortalare scene d’insieme). L’azione era trasposta in un Ottocento alla Boldini, con scene di Daniel Ostling piuttosto suggestive ma senza troppa originalità. Le carenze artistiche venivano in particolare dalla bacchetta di Pier Giorgio Morandi, generica e poco significativa che mal riusciva a rendere la risolutezza drammatica e la ricca tavolozza di accenti e colori insite nella partitura donizettiana. Neppure i cantanti apparivano giustamente sostenuti da tempi spesso non adeguati. Anche il coro scaligero ne risentiva in particolare nel settore delle voci gravi. Albina Shagimuratova, protagonista, pur possedendo organizzazione tecnica non di seconda scelta se non fosse per gli estremi acuti e agilità tutt’altro che esemplari, appariva poco incisiva in un personaggio e in una vocalità assai distante dalle protagoniste ascoltate in un passato non troppo lontano per essere dimenticato. Il baritono Massimo Cavalletti si presentava come Enrico affatto soddisfacente e persuasivo, privo di timbratura e precisione. Il basso Sergei Artomonov si poneva su un livello leggermente superiore pur risultando complessivamente noioso. Vittorio Grigolo era Edgardo:grande comunicativa, presenza scenica da vero attore cinematografico, bel timbro e canto quasi sempre genuino e persuasivo in ogni registro. Peccato per il finale abbassato di tono e per un personaggio non molto aristocratico e distaccato come Edgardo richiederebbe. Ma, visto il contorno, Edgardo assolutamente di lusso. Il titolo sarebbe dovuto essere Sir Edgardo di Ravenswood….