Lucia a Venezia e Trieste
In questo fine di primavera le due splendide città di Trieste e Venezia sono accomunate da una medesima scelta: quella di mettere in scena Lucia di Lammermoor di Donizetti. Non osiamo pensare a una competizione fra i due teatri visti i tempi di magrissimi finanziament,i tagli continui più e più volte rimarcati su ogni media. Trattandosi poi di teatri ristrutturati o ricostruiti da poco non possiamo nemmeno parlare di diverse esigenze tecniche, considerata anche le dimensioni non molto diverse dei due massimi teatri lirici delle tre venezie. Che dire dunque in definitiva per comprendere l’inevitabile doppione che si è presentato davanti ai nostri occhi e a quelli di molti melomani viaggiatori sempre intenti a spostarsi fra una città e l’altra alla ricerca di nuovi titoli? Che è stato un caso e che la collaborazione fra le diverse direzioni artistiche non è ancora in via d’attuazione nei teatri italiani. Purtroppo non è certo una novità.. Detto questo, dobbiamo ammettere che entrambi gli spettacoli andati in scena non solo hanno avuto un buon successo di pubblico nelle recite cui abbiamo assistito, ma che anche il livello artistico generale non è stato affatto trascurabile. Alla Fenice la produzione dell’Opera di Houston pur apparendo piuttosto generica non disturbava l’occhio ed evidenziava i bei costumi. Se solo la recitazione dei cantanti e delle masse fosse stata più originale ed accurata certe critiche negative avrebbero potuto essere evitate. La buona direzione di Antonino Fogliani non solo riapriva numerosi tagli di tradizione ma avvantaggiava spesso i cantanti accompagnandoli con discrezione. Jessica Pratt era una discreta Lucia pur non sfavillando nel settore acuto. Shalva Mukeria tenore georgiano di rara eleganza vocale faceva pensare per nobiltà di accenti e varietà di fraseggi ad alcuni grandi tenori della tradizione. La facilità nel registro acuto e la chiarezza di emissione lo rendono oggi uno fra i migliori Edgardo in circolazione. Buona anche la prova di Claudio Sgura come Enrico e di Mirco Palazzi come Raimondo. Nella produzione triestina cui abbiamo assistito a firma di Giulio Ciabatti se la scena era piuttosto spoglia, la connotazione romantica dei costumi appariva indubbiamente più accentuata. La direzione di Julian Kovatchev risultava invece totalmente estranea alle più elementari regole belcantistiche affaticando i cantanti con sonorità roboanti e scelte di tempi ostici alla respirazione dei suddetti. I soliti tagli di tradizione cioè quelli della scena della torre e dell’aria del basso non aiutavano certo ad elevare il giudizio artistico generale. Silvia Dalla Benetta pur non in possesso di quel timbro adamantino che si richiederebbe al personaggio, ricavava una sua Lucia tutt’altro che banale. Al suo fianco Aquiles Machado conferiva al ruolo di Edgardo naturalezza e incisività oltre che personalità e incisività . Il baritono Giorgio Caoduro nella parte di Enrico risultava invece piuttosto affaticato a causa della direzione orchestrale. Anche il basso Giovanni Furlanetto non si presentava nelle sue migliori condizioni. Buona come al solito la resa dell’orchestra e del coro del Verdi sempre all’altezza della tradizione. Grande successo per questi due spettacoli che concludevano le stagioni.