Les contes d’Hoffmann inaugura La Fenice.

Les Contes d’Hoffmann sono da sempre un’opera affascinante, suggestiva e abbastanza popolare. Nonostante la lingua francese, non proprio accessibile a tutti, il capolavoro non è mai passato di moda ed ha sempre soddisfatto le platee di mezzo mondo. Assai difficile da catalogare Hoffmann va interpretata anche scenicamente e conseguentemente un regista come Damiano Michieletto è stato” invitato decisamente a nozze” nelle sue bizzarre ma a volte geniali visioni. Qui ad esempio partendo dal primo atto, quello che rappresenta la bambola meccanica Olympia, vuole richiamare la situazione infantile con i banchi di scuola e il diabolico maestro che non vede l’ora di distruggere la prima innamorata del piccolo aspirante scrittore. Nell’atto seguente, quello di Antonia, più che di una cantante vittima della sua malattia, vi è un’aspirante ballerina ormai con le stampelle che cerca invano di rcuperare se stessa contro le insidie del diavolo. Completamente diversa giustamente l’atmosfera sensuale e dionisiaca dell’ultimo atto, dove la protagonista Giulietta chiude con grande lussuria quello che è forse il più significativo dei tre atti , con il famoso terzetto :”Helas mon coeur s’égare encore” a significare come il protagonista Hoffmann perda qui una volta per tutte le proprie speranze amorose. Ciò che ha decisamente colpito in questa regia è stato l’uso delle danze o meglio del carattere giocoso dell’uso dei corpi, non solo dei ballerini ma anche dei coristi che Michieletto è riuscito a coinvolgere nell’azione. Naturalmente alcuni avranno potuto trovare in questa regia aspetti di una certa esagerazione in quanto talvolta si preferisce godere della musica senza troppi movimenti in scena. Non dimentichiamo che Offenbach era però un autore di operette e il re dei grands boulevards non quello del Palais Garnier e dei grands opéra…. Frédéric Chaslin dirigeva l’orchestra dando però spesso troppo “fiato alle trombe ” per così dire e troppo poco alle sfumature e a i colori di cui Offenbach non certo difetta. Un pò più di delicatezza sarebbe stata a volte più apprezzabile. Vero protagonista vocale è stato Alex Esposito che non è certo una sorpresa per noi,il basso ha dato dei quattro ruoli demoniaci ideati da Offenbach per quest’opera una personale e insieme ideale rappresentazione. Il tenore ivan Ayon Rivas ha impersonato un buon Hoffmann con notevole facilità nella tessitura vocale a dispetto di una presenza scenica non proprio fascinosa. Una discreta Rocio Perez era Olimpia . Carmela Remigio una buona Antonia mentre la più seducente era indubbiamente la Giulietta di Veronique Gens. L’impegnativa parte di Nicklausse era ben impersonata da Giuseppina Bridelli. Le belle scene di Paolo Fantin e i costumi di Carla Teti coronavano il tutto. Grande successo alla replica del 30 novembre.