Italiana in Algeri chiude la stagione del Verdi di Trieste

Italiana in Algeri a Trieste fu rappresentata l’ultima volta nel 1991 con un cast che potremmo definire da incisione discografica se le case discografiche facessero oggi come ieri un vero e proprio lavoro meritevole, Se sapessero cioè effettivamente documentare interpretazioni da antologia nel rispetto di quelli che sono effettivamente i migliori cantanti in circolazione al momento e non quelli con cui hanno contratti da confermare.E più redditizio creare pochi divi in grado di cantare un po’ tutto il repertorio. Si trattava infatti di Ewa Podles, William Matteuzzi Alfonso Antoniozzi e Alberto Rinaldi fra i quali almeno i primi tre sono da annoverare fra i migliori nella storia dell’interpretazione rossiniana. Possiamo dire che oggi Daniela Barcellona Lawrence Brownlee, Paolo Pecchioli e Paolo Bordogna rispettivamente nei ruoli di Isabella, Lindoro, Mustafà e Taddeo si sono dimostrati, pur con alcuni distinguo, all’altezza della situazione. L’allestimento di Pier Luigi Pizzi era del Teatro Stabile di Como utilizzato nel circuito dei Teatri Lombardi e dall’Aslico:semplice ed essenziale non disturbava l’occhio se non fosse stato per quella grande moschea sullo sfondo che più che ad Algeri faceva pensare ad Istanbul con i suoi celeberrimi quattro minareti. Soprattutto però vi era la mano di Paolo Panizza che sapeva dare ai protagonisti quei necessari suggerimenti per una comicità mai volgare ma neppure assente come troppo spesso invece capita nelle regie di Pizzi. Forse qualche gioco, qualche lazzo in più ci sarebbe stato pur bene, ma la linea registica di grande sobrietà evidenziava il belcanto nella sua essenza . La direzione di Dan Ettinger un nome di rilievo internazionale, si distingueva fin dall’ouverture dove venivano scombinati i piani sonori tradizionali, evidenziando i parallelismi mozartiani, pensiamo in particolare al Ratto dal Serraglio. Più tardi si evidenziava qualche mancanza di controllo negli insiemi e nelle quadrature, ma l’impronta artistica del direttore israeliano risultava tutt’altro che banale e scontata come spesso rileviamo in quest’opera. Appariva infatti evidente il senso del comico nel tragico e il tragico nel comico, aspetto fondamentale della tematica rossiniana.

Daniela Barcellona è apparsa assai più in forma di quanto ci si potesse immaginare risolvendo problemi di disuguaglianze di registro rilevati in  passato presentandoci una Isabella di tutto rispetto dalla vocalità estesa , pastosa e stilisticamente appropriata.,dai toni scuri e fascinosi. Lawrence Brownlee  era perfettamente a suo agio nella perigliosa tessitura di Lindoro che ha eseguito sempre con disinvoltura, morbidezza di emissione ed eleganza. Meno convincente è stato Paolo Pecchioli come Mustafà mentre la vocalità piena e rotonda di Paolo Bordogna ha invece dato i suoi frutti. Pieno successo e diverse chiamate al proscenio.