Faust alla Fenice
Faust di Charles Gounod è fra i più famosi titoli del repertorio e cavallo di battaglia di soprani, tenori e bassi ai quali concede di brillare nei tre ruoli principali. Faust inoltre permette anche ai registi di sbizzarrirsi nelle più azzardate regie più o meno di buon gusto. In effetti la tematica della vendita dell’anima al diavolo è quanto di più stimolante la letteratura teatrale abbia saputo inventare. Purtroppo il repertorio romantico francese oggi non è molto gradito nè a certi direttori d’orchestra come neppure a certi direttori artistici. Quello che viene definito stile pompier non si inquadra evidentemente nel gusto radical-chic-minimalista oggi imperante. Maggior merito dunque alla Fenice che ancora una volta riesce a differenziarsi proponendo un allestimento in parte tradizionale, non vecchio anche se con costumi d’epoca, ma sempre con una gestualità adeguata e pregnante. A causa delle normative anticovid la scena è diventata la platea con un grande fondo specchiato ed alcune incursioni registiche sul palcoscenico . Vero protagonista è stato il direttore Frederic Chaslin, che nella romantica interpretazione del capolavoro gounodiano, ha trovato una cifra ideale per efficacia drammatica, senso del canto, senza sdelinquimenti veristici di sorta. La regia di Joan Anton Rech,i fatta con poco ma attenta anche ai particolari, aveva un unico limite dovuto presumiamo alle esigenze anticovid: l’esclusione totale delle danze, che in un’ opera francesissima come Faust, appare come una vera e propria ghigliottina. Alex Esposito come Mefistofele risulta un’icona : presenza scenica, agilità e canto imperioso ne fanno un personaggio dirompente comme il faut. Il tenore Ivan Ayon Rivas sostiene la parte protagonistica di Faust con sicurezza tecnica invidiabile e spavalderia, facilità negli acuti, ma non travolge il pubblico come il collega Esposito. Forse qualche nuances in più sarebbe stata utile. Carmela Remigio appare qui in uno fra i suoi ruoli più azzeccati sia scenicamente che vocalmente. Centrale nella tessitura senza esporsi troppo ad accenti aulici che poco le si addicono, stempera una Margherita giustamente sensuale e lineare insieme senza cedere ad effettacci. Il ruolo di Valentin era superbamente sostenuto dal baritono Anton Noguera a suo agio in un ruolo affatto secondario. Nonostante il pubblico non fosse troppo preparato a cogliere l’efficacia di questo spettacolo il successo è stato notevole il 3 luglio ultima replica. Ci auguriamo lo spettacolo sia ripreso inserendo le danze.