Don Pasquale

Trionfo del capolavoro donizettiano al Teatro Verdi di Trieste

Don PasqualeDon Pasquale, di Gaetano Donizetti,è una delle opere più piacevoli che il teatro lirico ottocentesco prodotto.Vista la semplicità dell’azione può sembrare anche uno titolo fra i più accessibili da realizzare considerando che oggi le voci belcantiste sono più abbondanti di quelle autenticamente verdiane o veriste. E’ in realtà uno scoglio sommerso che presenta spesso difficoltà inaspettate. L’allestimento del Teatro Verdi di Trieste a firma di Italo Nunziata ne ha evidenziate alcune sotto diverse angolature. In primis la direzione di Gerard Korsten che andava a sostituire Daniel Oren in seguito alle ben note polemiche. Il giovane maestro sudafricano appariva fin dall’ouverture estraneo alla freschezza e alla leggerezza donizettiana appesantendo la mano senza evidenziare la brillantezza della fantasia melodica e armonica della partitura. Talvolta si è fatto persino cogliere in ritardo rispetto ai tempi scelti dai cantanti per l’esecuzione delle arie. Speriamo di poterlo rivalutare in futuro. Italo Nunziata da parte sua impostava una vicenda nei novecenteschi anni 30 operando una trasposizione di quasi un secolo che se sulla carta poteva anche non disturbare accentuava qui invece l’aspetto farsesco del Don Pasquale che è apparso così ai neofiti una vera e propria operetta. Ciò anche a causa di una certa sottovalutazione dell’aspetto lirico patetico del canovaccio a discapito di quello più immediatamente comico. L’azione e il ritmo erano curati nei dettagli ma certa malinconia presente nei personaggi di Ernesto e Don Pasquale veniva così completamente sottaciuta. Giorgio Surjan pur in possesso di una salda tecnica non dava del protagonista quella convincente linea interpretativa che gli abbiamo riconosciuto molte volte in altri ruoli. Imbarazzante era da parte sua Alberto Rinaldi come Malatesta in una tessitura ben lontana dalle sue reali possibilità. Antonino Siragusa pur nella facilità di esecuzione di una tessitura a lui congeniale forzava talvolta gli estremi acuti e appariva piuttosto indifferente ai tormenti del giovane Ernesto.
Mariola Cantarero deludeva non solo nell’incertezza dell’emissione ma anche nel dubbio gusto bamboleggiante e artificiosamente inutile. Anche il coro triestino non offriva una delle sue migliori prove perché costretto a forzare i volumi. Qualche timido dissenso alla prima per uno spettacolo complessivamente gradito dal pubblico triestino.