Demofoonte a Ravenna Festival

Pochi grandi direttori in Italia ( e nel mondo) si sono cimentati nel recupero di partiture dimenticate e le hanno restituite ai contemporanei. La maggior parte di essi infatti ha preferito rimanere nel solco della tradizione e restringere con l’avanzare della carriera l’obiettivo del loro lavoro per non andare incontro a possibili imprevisti o meglio mancati trionfi. Riccardo Muti dopo quasi un trionfale ventennio alla Scala si sta dedicando da qualche anno alla riscoperta di alcuni titoli dimenticati fra cui Il ritorno di don Calandrino di Cimarosa e Il matrimonio inaspettato di Paisiello, entrambi da noi apprezzati al Teatro Municipale di Piacenza. Particolare aspettativa vi era per questo Demofoonte di Jommelli su libretto di Pietro Metastasio con la regia di Cesare Lievi e la coproduzione del Festival di Salisburgo e dell’Opéra di Parigi. Difficile però poter giudicare una prima esecuzione assoluta in tempi moderni mancando i termini di paragone. Come non rimanere ammirati davanti alla maestri e all’eleganza con cui il maestro napoletano famoso nel mondo conduce l’ouverture dove come raramente avveniva nelle opere italiane di quel tempo il tessuto armonico è assai denso e si intreccia mirabilmente con quello melodico a vivacizzare linee raramente consistenti ed originali.. Il Maestro opera anche diversi tagli ai recitativi non pecca certo di profondità drammatica ma l’insieme di circa tre ore di musica risulta alla fine pesante e di ascolto impegnativo per noi stessi che siamo cultori del belcanto, figuriamoci se non lo fossimo….Le voci sono buone nel loro insieme chiamate a svolgere tessiture ingrate e vertiginose come non mai, tali da dare ragione al grande Gluck che pochi anni dopo operò la famosa riforma per limitare lo spreco di agilità e virtuosismi fini a sé stessi e dare spazio all’intensità drammatica. Nessun cantante si evidenzia anche se tutti si disimpegnano più o meno bene. Ricordiamo il tenore protagonista Dimitri Korchak . Le quattro donne Maria Grazia Schiavo, Josè Maria Lo Monaco,Eleonora Buratto e Valentina Coladonato son ben preparate ma tutte appaiono limitate in qualche aspetto,sia vocale che interpretativo. Un plauso è poi da attribuire al maestro Muti che ha finalmente adottato l’uso delle voci di controtenore anche se in questo caso i risultati non sono stati entusiasmanti, vale la pena di persistere. In tale registro vocale si annidano infatti i migliori fra i musicisti contemporanei. Antonio Giovannini e Valer Barna Sabadus hanno il tempo e i numeri per migliorare e rafforzarsi e superare alcune insicurezze. La regia di Lievi è piuttosto didascalica ma non disturba l’occhio anche se fra le scene neoclassiche di Margherita Palli con le colonne distese e i costumi moderni di Marina Luxardo non vi è molta armonia. Latita la recitazione un po’scontata e banale. Diverse chiamate al proscenio per il maestro e la compagnia.