Barbiere al ROF
Per molti anni il Barbiere di Siviglia è stato il simbolo di ciò che il Rossini Opera Festival aveva sempre voluto combattere : le incrostazioni veristiche antibelcantistiche, l’aspetto macchiett stico,una comicità volgare e esagerata che allontanava dall’originale partitura musicale. Nel belcanto Rossini trova infatti le sue radici più profonde, inoltre a Pesaro si voleva recuperare il Rossini serio quanto di più lontano si potesse immaginare dai lazzi e frizzi di certe libertà parossistiche prese da cantanti di impostazione veristizzeggiante,che alcuni direttori facevano finta di ignorare. Inoltre le precedenti edizioni del Barbiere andate in scena a Pesaro non avevano soddisfatto per altri motivi. Sarà forse per questo che si è ritenuto di affidare al decano Pier Luigi Pizzi la realizzazione di un Barbiere che non possiamo non definire antologico. L’anziano ma sempre valente regista ha infatti affilato le unghie con un allestimento pulito, essenziale e affatto banale. Un fondamentale alternarsi di bianco e nero con costumi eleganti e mai esagerati. Si preferiva affidare la comicità alle situazioni piuttosto che a personaggi macchiettistici da commedia dell’arte come troppo spesso abbiamo potuto tristemente vedere in tanti anni di militanza critica. Partendo da un elegantissimo Maxim Mironov nel ruolo di Almaviva restituito al suo ruolo protagonistico principale in un mirabolante succedersi di belcantismo e di eleganza stilistica, accompagnati da nobile presenza scenica. Vera sorpresa è venuta poi da Davide Luciano un Figaro di assoluta eccezione, non solo nella bellezza del timbro e nella varietà del fraseggio ma nella naturale irruenza giovanile sempre congiunta a un colto rispetto stilistico del canto. Pietro Spagnoli ha ritagliato da par suo un Bartolo di rilievo antologico, paragonabile a quello di molti grandi del passato sia per eleganza purezza di stile e linea vocale agilissima come pochi altri. Aya Wakizono pur non in possesso di un timbro ammaliatore si destreggiava con grande sicurezza nella ardita parte di Rosina banco di prova per molti mezzosoprani.Discreto era poi il Basilio di Daniele Antonangeli. Berta era affidata a una decana come Elena Zilio che ben sapeva trasformare i limiti vocali di uno strumento verso il tramonto,nel migliori dei modi. La direzione di Yves Abel metteva in evidenza le arditezze della partitura rossiniana senza certi protagonismi di bacchette troppo note. Trionfo finale per tutti alla prova generale.