Aida inaugura il Verdi di Trieste

Il Verdi di Trieste in collaborazione con il teatro accademico nazionale di Odessa ha aperto la stagione 2020 con due capolavori del teatro operistico, . Se per ragioni di salute non abbiamo potuto assistere alla prima rapprresentazione di Turandot non ci siamo lasciati sfuggire quella di Aida. Sfogliando il programma di sala non possiamo non notare quali siano stati in passato i protagonisti di questo titolo sia sul podio che sulla scena : Antonino Votto, Arturo Basile, Francesco Molinari Pradelli e infine Nello Santi che offrì un’interpretazione memorabile del capolavoro verdiano. Franco Corelli e Giangiacomo Guelfi sono nomi che si presentano da soli. Per quanto riguarda i registi citiamo Hugo De Ana Giancarlo Menotti e  Virginio Puecher. Aida forse la più popolare delle opere di Verdi fu ad esempio assente per molti anni dal Metropolitan di New York quando la grande Leontyne Price lasciò le scene. L’allestimento firmato da Katia Ricciarelli e Davide Garattini è di quelli che si dovrebbero definire” semplice semplice” per andare incontro alle aspettative del grande pubblico. Costumi sgargianti che sembrano tratti dalle vecchie figurine Liebig evidenziati da luci spiazzanti alla Star Trek. Inutile cercare certe atmosfere sfumate o chiaroscurali insite nella partitura, in quanto la regia sembra prediligere l’aspetto più esuberante e effettistico dell’opera. Forse va bene così : il successo non è mancato, il pubblico triestino cerca conferme più che emozioni teatrali. Visioni personali e moderne dell’opera come si fa ormai un pò dappertutto qui sono assai lontane. Peccato che anche la gestualità dei protagonisti era basata sui vecchi stilemi della commedia dell’arte anni 50. Un pò come se s registi come Strehler non fossero mai esistiti…Diverso il discorso sul lato musicale che vedeva nella direzione di Fabrizio Maria Carminati se non un esempio di raffinatezze e di tavolozze coloristiche, un certo senso teatrale anche se non sempre riusciva a districare i bandoli di una complicata matassa. Le coreografie di Morena Barrone si bilanciavano in una genericità non sempre sgradevole,, nella discreta presenza del corpo di ballo di Odessa. Il cast era nel suo insieme all’altezza della situazione: Anastasia Boldyreva era Amneris  e  ritraeva una principessa da antologia non solo nella bellezza della presenza scenica e nell’eleganza dell’interpretazione: algida e insieme sofferente innamorata. Non lo stesso possiamo dire dell’Aida di Svetlana Kasyan, che spesso forzata nel seetore acuto dipanava con difficoltà una linea di canto sempre tesa e mai chiaroscurale, nei fraseggi sempre uguali a loro stessi. Gianluca Terranova dava una buona tenuta alla perigliosa vocalità di Radamès. Discreto Amonasro era Andrea Borghini . Ramfis era Cristian Saitta mentre il re Fulvio Valenti. Il coro non ci è sembrato ottimo come in passato. Più che generosa la risposta del pubblico.