Les Dialogues des Carmelites alla Fenice
La maggior parte delle opere liriche raccontano di amori, di contrasti incentrati per lo piu’fra la passione del soprano per il tenore con il frapporsi del baritono. Francis Poulenc narra invece un fatto realmente avvenuto durante gli anni del Terrore cioè durante la rivoluzione francese nelle sue fasi più cruente in cui in nome della rivoluzione si tagliavano teste anche ai piu’innocenti. Les dialogues des Carmelites, ossia le Martiri
di Compiegne non era nel 1953 un argomento attuale politicamente anzi, possiamo pure apffermare che Il testo di George Bernanos non soddisfaceva i gusti politici delle correnti allora imperanti, non andava certo di moda in quell’epoca parlare di una storia di religiose mandate a morte con la ghigliottina per non avervoluto ripudiare la propria fede,ma il direttore di casa Ricordi Guido Valcarenghi si appassiono’all’argomento e decise di pubblicare l’opera. Emma Dante che aveva gia’ presentato il suo spettacolo all’Opera di Roma qualche anno fa porta in scena questa produzione alla Fenice con un certo successo. La musica e il libretto di Francis Poulenc alla Fenice appaiono con un cast completamente diverso e godono in particolare della adeguata direzione di Frederic
Chaslin, vero esperto di musica francese. Il direttore e’ apparso soprattutto intento ad assecondare le reali esigenze dei cantanti in uno stile molto simile al verismo italiano, anche se molto meno popolare. Sembrerà strano ma la prima edizione fu rappresentata alla Scala in lingua italiana mentre solo più tardi fu composta in francese.
Il capolavoro di Poulenc si rivela in tutta la sua complessità, più che nelle arie musicali in una continua ansia emotiva che fin dall’inizio dell’opera attrae lo spettatore in un vortice continuo che porta al cruentissimo finale. La vena religiosa della regista Emma Dante non appare fra le più azzeccate ma il senso teatrale drammatico risulta abbastanza presente. Le scene di Carmine Maringola e i costumi di Vanessa Sannino erano adeguate all’idea registica. IL cast di medio livello vedeva nella sola presenza di Anna Caterina Antonacci un punto di spicco non indifferente. Anche il cavaliere di Juan Francisco Gatell Si disimpegnava con professionalità. Ottima poi la prova del coro e dell’orchestra che soddisfano il pubblico accorso numeroso per un titolo non esattamente popolare.