Nabucco al Verdi di Trieste

Perché mai un nuovo Nabucco al Verdi di Trieste? Fra i tanti titoli interessanti da proporre il massimo teatro del Friuli Venezia Giulia lo sceglie a soli tre anni dall’ultima presentazione del capolavoro verdiano della giovinezza. L’ultima produzione a firma di Stefano Poda andata in scena nel 2015 sembrava ben più soddisfacente, questa invece frutto della collaborazione con i teatri di Brescia Cremona e Pavia a firma di Andrea Cigni (ripresa da Danilo Rubeca) francamente  non appariva irrinuciabile. Risultava infatti molto più scontata rispetto a quella del Poda non tanto per l’impianto scenico di Emanuele Sinisi e per i suggestivi costumi di Simona Morresi , quanto per i movimenti scenici piuttosto banali e non sempre calzanti nelle scene di insieme. Christopher Franklin dirigeva con piglio autenticamente verdiano senza timore di esagerare negli slanci, sapendo ben sostenere orchestra e solisti. Ottima la prova del coro che anche se non numerosissimo come un tempo, ben dipanava le celebri pagine d’insieme . Il cast della prima recita capitanato da Giovanni Meoni come Nabucco anche se non in possesso di una voce scurissima presentava un fraseggio garbato ed elegante. Anche lo Zaccaria di Nicola Ulivieri ben si destreggiava al pari dell’Ismaele di Riccardo Rados . La Fenena di Aya Wakizono si disimpegnava con eleganza.  Rimane Amarilli Nizza che di Abigaille ha dato una lettura che avremmo preferito non aver mai ascoltato. Ella costringeva il direttore ad equilibrismi che si possono annoverare solo fra le “perle nere” e preferiamo non inoltrarci in ulteriori analisi stendendo un pietoso velo di oblio. Calorosi applausi per tutti al termine.