E’ nata una stella?Norma a Treviso

La semplicità dei grandi. L’allestimento trevigiano di Norma, capolavoro belliniano andato in scena nei giorni scorsi all’affollatissimo Teatro Mario del Monaco con grande successo, ci fa in effetti pensare ancora una volta al concetto di “aurea simplicitas”. L’allestimento firmato da Alessandro Londei si basava infatti sulla fedeltà alle storiche scene di Alessandro Sanquirico della prima rappresentazione assoluta avvenuta al Teatro alla Scala nel lontano 1831. Dopo gli allestimenti di Norma cui abbiamo assistito in questi ultimi tempi, quello veneziano a firma Walker ma soprattutto quello londinese della Fiera del Bauls (Olle e Carrasco), una bella scena pulita ordinata con ambientazione tradizionale e senza voli pindarici non ci è affatto dispiaciuta. Qualche tocco registico improvido c’è stato ad esempio nella presenza di alcuni mimi che potevano far pensare a demoni insiti nella personalità dei protagonisti. Peccato che soprattutto nel gran finale del secondo atto profondità e altezza della concezione musicale necessitavano di una assoluta concentrazione e che nulla spezzasse la tensione drammatica. Asso nella manica di questo allestimento era il soprano Roberta Mantegna che a dispetto di un annunciato raffreddore ha convinto in particolare sotto l’aspetto vocale che per il ruolo di Norma equivale a un evento di per sé. La bellezza del timbro, la morbidezza dell’emissione, il perfetto immascheramento, il controllo  della linea di canto, fanno della Mantegna non solo una Norma ieratica ma insieme drammatica ed aulica come non se ne sentiva da tempo. L’impostazione e la linea fanno pensare a uno stile pre Callas quale quella di Anita Cerquetti o di Gina Cigna, senza voler  far torto a nessuno. Nessun cedimento in un registro vocale prezioso e intatto fa pensare a un vero soprano drammatico di agilità che farà parlare di sè. Il tenore Nelson Ebo invece pur in possesso di ottimi mezzi vocali e bella presenza scenica, appariva sforzato in particolare nel settore acuto mettendo così in difficoltà ogni eventuale intento espressivo. Buona la Adalgisa di Julia Gorgula. La direzione di Sergio Alapont si è dimostrata intensa ed espressiva anche se qualche colore orchestrale in più sarebbe stato auspicabile. Volodymyr Tyshkov era un Oroveso dallo splendido timbro brunito e caldo. Non interessantissima la prova del coro Ensemble Vocale Continuum.