Don Chisciotte al Verdi di Trieste
Lviv National Opera indica la locandina del Verdi di Trieste. Trattasi in realtà della molto più celebre Leopoli , una grande città ben nota passata sotto la dominazione austroungarica e dove anche gli influssi architettonici italiani sono ben presenti. Questa osservazione avrebbe forse attirato al teatro Verdi un maggiore afflusso in una città non appassionatissima al balletto come all’opera. Nonostante una certa personale e ingiustificata difidenza nei confronti di un corpo di ballo che non conoscevamo, il nostro giudizio è stato più che buono. L’allestimento di Lviv , pur con scene dipinte e assolutamente tradizionali, funzionava perfettamente dal punto di vista drammaturgico anche nelle parti mimate. Esse apparivano parte integrante assolutamente non trascurabile nella trasposizione coreografica dal testo di Cervantes. Un giovane corpo di ballo scattante e veloce sia nel settore maschile come in quello femminile, sia negli insiemi come nelle parti solistiche . Forse l’unico limite di questa esecuzione peraltro pregevole e spassosa, era una velocità esasperata portata talvolta al parossismo. Un ritmo sempre rapidissimo che si stemperava solo nell’atto delle driadi, eseguito piuttosto bene finalmente senza troppi spasimi. Ottima la coppia dei protagonisti ben fusa fra loro con facilità di esecuzione e bei virtuosismi in particolare nei celebri fouettéés finali anche tripli. Kitri era una leggiadra Yaryna Kotys, mentre il giovane agilissimo Olexsander Omelchenko ritraeva un Basilio scattante e dinamico come pochi. Il Don Chisciotte di Yuriy Grygoriev era elegante e non parossistico, mentre il Sancho Panza di Borys Yakubus non eccedeva per ridicolaggine. Anche il Gamache di Vitaliy Ryzyy si distingueva. La direzione orchestrale di Yuriy Bervetsky accentuava forse un po’troppo spesso l’aspetto bandistico della partitura ma dava sempre il senso della danza . Caloroso il trionfo finale alla prima.